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Gruppi di Liberazione Bioenergetica

AVVISO IMPORTANTE

Il Centro Liberazione di Vicenza ha cessato le attivita' dei Gruppi di Liberazione Bioenergetica dal mese di Aprile 2019.

Franco Gaspari ringrazia tutte le persone che con la loro partecipazione e con il loro attivo contributo hanno aiutato in tutti questi anni allo sviluppo del Centro Liberazione.


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Gruppi di Liberazione Bioenergetica

AVVISO IMPORTANTE

Il Centro Liberazione di Vicenza ha cessato le attivita' dei Gruppi di Liberazione Bioenergetica dal mese di Aprile 2019.

Franco Gaspari ringrazia tutte le persone che con la loro partecipazione e con il loro attivo contributo hanno aiutato in tutti questi anni allo sviluppo del Centro Liberazione.

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ALTRE INFORMAZIONI


Centro Liberazione Corporea di Vicenza, Via Galilei 1/3, 36057 Arcugnano (Vicenza).

CRESCITA PERSONALE: ARTICOLI


Disponibilita' a crescere e a maturare

Mi ricordo di una bella canzone del 1968 di Joe South intitolata: "Games people play" (I giochi che le persone giocano), che si riferiva al fatto che la maggior parte delle persone creano fra loro relazioni false e ipocrite, caratterizzate da copioni psicologici predefiniti che assomigliano piu' a delle rappresentazioni teatrali recitate compulsivamente e con poca o nessuna consapevolezza.
Ripenso spesso a quella canzone, perche' anche nella mia vita mi e' capitato spesso, senza rendermene conto, di giocare con le persone. Il mio gioco preferito era il "Si', ma...", un gioco che mi aiutava a mantenermi ben saldo nella mia posizione e che poteva tradursi in una frase del tipo: "Nessuno e' in grado di dirmi quel che devo fare". Il mio modo di relazionarmi con gli altri era centrato quasi esclusivamente su domande nelle quali chiedevo loro di indicarmi una soluzione ai grossi problemi esistenziali che mi affliggevano. Andavo in cerca di consigli a destra e a manca, da amici e maestri, ma poi puntualmente respingevo ogni suggerimento.
Le persone che si lasciavano agganciare si prodigavano nel darmi mille consigli e suggerimenti, ma io, costantemente, bocciavo qualsiasi soluzione con il fatidico: "Si', ottima idea, ma...", che facevo seguire da un valido ragionamento che spiegava il perche' quel consiglio non mi era utile. Il gioco finiva quando tutti coloro che si erano affannati a pensare ad ogni genere di consigli, gettavano la spugna dichiarandosi incapaci di trovare una soluzione.
Ho cercato di indagare da dove potesse aver avuto origine questo mio assurdo atteggiamento e ho scoperto che nella mia infanzia, i miei genitori, non avevano mai dato risposte ai miei perche', e di conseguenza avevo sviluppato da una parte un atteggiamento di autosufficienza e dall'altro una celata ostilita' verso chi affermava di avere una soluzione. Con l'atteggiamento di respingere o di bocciare ogni consiglio da parte degli altri, non facevo nient'altro che confermare che i miei genitori non potevano dirmi nulla. Per risalire all'origine dei miei giochi di relazione ho seguito (e uso tuttora) un metodo che ho appreso nei gruppi di "Liberazione Bioenergetica" che funziona più o meno cosi', mi isolo in stanza di casa e comincio a chiedermi: "Che cosa succede nel mio corpo quando qualcuno cerca di aiutarmi o di consigliarmi?" "Che sentimento provo?" "Quando mi sono sentito cosi' in passato?".
Questo metodo con me ha sempre funzionato, anche se a volte la risposta non arriva subito.

Tempo fa, in un gruppo di "Liberazione Bioenergetica" ho conosciuto una ragazza che sosteneva di avere una situazione famigliare drammatica, una madre che la odiava e la maltrattava, una sorella gelosissima sempre pronta a ferirla, e un padre che pur essendo d'animo buono osservava indifferente e non prendeva nessuna posizione. Questa povera ragazza continuava a dire che non ne poteva piu' di vivere in una famiglia simile e di sperare unicamente che le si presentasse un'occasione per scappare via di casa. Per mesi e mesi, ogni volta che le era data la possibilita' di raccontare gli sviluppi della sua storia, riusciva a commuovere tutti con la descrizione dei terribili misfatti che sua madre, sua sorella e suo padre perpetuavano nei suoi confronti. Molti nel gruppo, indignati nel sentire tutto cio' che lei doveva subire, la spronavano ad andarsene subito, addirittura qualcuno si era offerto di ospitarla a casa sua finche non avesse trovato un lavoro e una nuova sistemazione. Ciononostante questa ragazza continuava a rimanere con la sua famiglia e a dire che presto avrebbe trovato il coraggio di andarsene. Ad un certo punto non venne piu' in gruppo, tutti i suoi compagni ovviamente pensarono che questa assenza doveva significare che lei finalmente aveva preso la decisione di andarsene dalla casa dei suoi genitori per andare a vivere con il suo ragazzo o per conto suo. Ma qualcuno che conosceva molto bene questa ragazza e la sua famiglia, mi disse che non c'era assolutamente nulla di drammatico nella sua vita, nessuna madre odiosa, nessuna sorella terribile, nessun padre assente, ma che queste erano storie che lei si inventava sistematicamente. Il raccontare disavventure incredibili, sofferenze indicibili, traumi infantili che l'avevano segnata profondamente, o di amori finiti tragicamente era un suo gioco preferito che giocava con tutti.
In questo caso, lo sbaglio mio, e di quasi tutti i partecipanti a quel gruppo era stato quello di dare per scontato che il racconto della ragazza corrispondesse a una realta'. Che tutti i cosiddetti traumi, che stavano alla radice della sua insoddisfazione, fossero episodi reali e non invenzioni che la ragazza usava per salvare la propria stima di se. Non è mai stato possibile dimostrare se questi traumi esistessero veramente o se fossero una falsificazione. Certo e' che spesso i nostri traumi sono delle bugie alle quali ci si attacca per giustificare la propria non disponibilita' a crescere. Molte metodologie incoraggiano questo stato infantile affermando che le uniche responsabili dei nostri problemi sono le esperienze del passato.
Il responsabile non e' la persona... no, responsabile e' il trauma, o il complesso di Edipo, e via dicendo. Non c'è da stupirsi allora che la strada proposta da certe psicoterapie analitiche che invitano a scavare, a scavare per scoprire perche' noi siamo diventati quello che siamo, non porti mai ne ad una reale maturazione ne ad un'apertura reale della persona. Maturare infatti significa assumersi la responsabilità della propria vita, e finche' non si è disposti a cio' si continuera' a dare la colpa di tutto all'educazione, ai genitori, all'ambiente, alla societa' e così via. Se non si ' disposti a rinunciare alla guerra contro il mondo intero, si continuera' a rimanere come bambini.

Franco Gaspari

Permettersi di essere liberi

Uno dei piu' geniali allievi di Wilhelm Reich, Fritz Perls (fondatore della Gestalt Therapy), sosteneva che la maggior parte delle persone, trascorrono, in modo piu' o meno cosciente, tutta la loro vita continuando a recitare, come attori su un palcoscenico, inventando ruoli e copioni, per esibirsi su differenti teatri e per pubblici diversi.
Sempre secondo Perls, tanto per complicare le cose, ognuno di noi ha due palcoscenici: uno privato e uno pubblico. Nel palcoscenico privato, nel segreto dei nostri pensieri, impieghiamo la gran parte delle nostre energie per fare prove su prove, per prepararci al tipo di spettacolo che vogliamo recitare nella vita di tutti i giorni, a casa, nelle riunioni fra amici, nel posto di lavoro, in ufficio, in fabbrica, ecc. Poi dopo decine e decine di prove private, quando ci sentiamo allenati abbastanza, siamo pronti per l'esebizione in pubblico.
A malincuore, devo ammettere che Perls aveva ragione, mi sono reso conto in anni di lavoro e di ricerca personale che e' proprio così, recitiamo, recitiamo sempre, a seconda del caso, della circostanza, dell'ambiente o dei nostri interlocutori, adottiamo un diverso personaggio, una maschera, una "corazza". Questo "copione psicologico" e' un programma di vita, e' un vera e propria commedia a puntate, che ognuno di noi recita compulsivamente, solitamente con poca o nessuna coscienza.
La compulsione, la spinta a comportarsi in un certo modo, ha radici nella nostra infanzia, nelle vicende famigliari che hanno segnato piu' o meno profondamente le nostre prime esperienze di vita.
Nella mia esperienza, mi sono reso conto che sono veramente molto poche le persone fortunate che riescono a raggiungere la consapevolezza, l'onesta', la creativita' e l'intimita'. Le restanti considerano i loro simili solamente come oggetti da manipolare, che devono essere sollecitati, persuasi, sedotti, corrotti o costretti ad interpretare i ruoli piu' adatti a rafforzare la loro posizione di protagonisti.

Gli sforzi di chi non si accontenta di ridurre la propria vita ad una commedia, dovrebbero passare attraverso la ri-conquista di un maggiore livello di coscienza, di un certo grado di autenticita' e di spontaneita', unitamente alla capacita' di aprirsi al sentire e all'espressione delle proprie emozioni e dei propri sentimenti più veri. Ci vuole coraggio e determinazione per perseguire un simile obiettivo, ma non il coraggio di chi sopraffa' gli altri, per arrivare primo alla cima; ma quel tipo di volonta' che si sviluppa quando si desidera sentirsi in sintonia con la vita.
Sono convinto che non esistano delle particolari strategie per crescere e che l'esperienza sia la nostra sola e unica maestra. Non mi riferisco ovviamente all'esperienza così come e' intesa comunemente, cioe' a quell'agire fatto di abitudini ripetute che portano s' ad imparare qualcosa di nuovo, ma non a comprenderne il significato, e che rende le persone piu' o meno simili a degli automi. Questo tipo di esperienza e' caratteristica di chi ha perduto il "sentire", di chi non e' piu' in contatto con il proprio corpo. Sto parlando dell'esperienza nella quale mi lascio coinvolgere con tutto i miei sensi, quando apro gli occhi, percepisco, mi rendo conto di quel che mi sta succedendo, e non solo imparo, ma anche "scopro" qualcosa.
Non si possono fare esperienze di questo tipo senza entrare nel corpo, nelle emozioni, e nell'ordine d'idee di voler realmente capire che cos'e' un processo di crescita e di maturazione personale. Occorre lavorare con i nostri meccanismi di difesa, con le nostre resistenze caratteriali. Abbiamo bisogno di rivelare i nostri segreti, di confidare le nostre fantasie, di smetterla di difendere tenacemente il nostro passato o di mascherare i nostri sentimenti e le nostre emozioni. C'e' un solo grosso inconveniente: "la paura". La paura che, perdendo quelle difese, si possa scoprire di non essere stati amati.
In conclusione, secondo me, gli strumenti migliori per crescere, quegli strumenti che anch'io ho dovuto imparare ad usare e che cerco di impiegare il più possibile, sono: l'amore per se stessi, l'amore per la natura, per il corpo, per il movimento, per l'energia vitale. Sperimentare tutto quello che non abbiamo potuto fare da piccoli, correre, saltare, sudare, gridare, rischiare, trasgredire, emozionarsi, in quattro parole: "permettersi di essere liberi".

Franco Gaspari

Il corpo parla?

Nel corso di tutta la nostra vita, creiamo costantemente tensioni, blocchi, contrazioni e zone rigide, che ostacolano la libera circolazione dell'energia vitale nel corpo. Forse non tutti sanno che i blocchi e le tensioni, dicono molto sul nostro carattere, sono un indice chiaro di chi siamo, di che cosa vogliamo e del "gioco che stiamo giocando" nella vita. Rivelano la nostra energia e vitalita', rivelano come affrontiamo l'ambiente, come ci mettiamo in contatto con gli altri e il rapporto che abbiamo con il nostro stesso corpo.
Generalmente non siamo molto consapevoli delle nostre tensioni e prestiamo poca attenzione anche a quelle degli altri, di fatto non siamo abituati a questo genere di osservazioni. Se imparassimo ad essere un po' più attenti al nostro corpo, ai nostri comportamenti, ai movimenti e alle posizioni che assumiamo, potremmo, come affermava Wilhelm Reich, conoscere tutta la nostra storia, cosi' come si e' registrata nel corpo.
Il nostro corpo e' con noi da sempre, dal primo istante di vita fino all'ultimo e ha vissuto le nostre stesse esperienze, sia le quelle positive che le negative, perche' noi e il nostro corpo siamo la stessa cosa.
Nei nostri gruppi d'incontro di "Liberazione Bioenergetica" propongo spesso ai partecipanti un gioco di questo tipo: per un'ora intera tutti sono invitati a comunicare con i loro compagni, senza usare le parole (ne parlate, ne scritte).
Generalmente e' un'esperienza unica e liberatoria, perche' si e' veramente costretti a lasciar parlare il proprio corpo.
Dopo qualche minuto di imbarazzo, alcuni quando incontrano un compagno di gruppo, cominciano a gesticolare nel tentativo di farsi capire, altri danno libero sfogo alla loro creativita' danzando, saltellando, mimando, qualcuno aprofitta della situazione per fare boccacce, smorfie o gestacci; ma c'e' anche chi semplicemente sente il bisogno di abbracciare, di accarezzare o di guardare negli occhi in modo significativo.
Questo gioco, alla fine si rivela anche un'esperienza molto salutare, perche' oltre a parlare con il corpo (mentre con le parole si puo' ingannare, con il corpo e' molto difficile mentire), incoraggia a lasciar cadere l'autocontrollo, le inibizioni e le maschere sociali.
Consiglio a tutti di provare, almeno una volta, a fare questo gioco con il proprio partner, sono sicuro che si rivelera' un modo simpatico per imparare a conoscere meglio se stessi e l'altro.

Franco Gaspari

   

    

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